Background Image
Table of Contents Table of Contents
Previous Page  6 / 48 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 6 / 48 Next Page
Page Background

6

L’Amico del Popolo

21 mAGGIO 2015 - N. 20

L’Amico del Popolo

Chiesa locale

Solennità di Pentecoste

La PAROLA DELLA SETTIMANA

«Il frutto dello Spirito invece è amore...» (Gal 5,16-25)

Qualcuno ha definito lo

Spirito Santo «il femmini-

le di Dio», riferendosi alla

grammatica, che nell’e-

braico ‘‘Ruach’’-Spirito

usa proprio un sostantivo

di genere femminile; del

resto la tradizione cristia-

na attribuisce alla persona

più misteriosa della San-

tissima Trinità proprio

particolari tipiche della

donna; basta scorrere il

testo dell’antica preghiera

«Vieni Santo Spirito» per

cogliervi le doti migliori di

ogni madre: è «creatore»,

capace di generare vita,

«consolatore», capace di

farsi accanto ai suoi figli

nei momenti più difficili,

è «ospite dolce dell’anima»,

capace di forgiare il cuore

dei poveri, dei deboli, dei

peccatori in persone nuove,

forti, ricche di doni spiri-

tuali. E quest’opera rimane

nel nascondimento: come

ogni buona mamma, lo

Spirito Santo rimane die-

tro le quinte quasi per non

farsi riconoscere, pronto ad

aiutare e sostenere, mai a

imporre.

LA SCELTA

TRA CARNE E SPIRITO

San Paolo ha messo in

evidenza con chiarezza la

responsabilità del credente

chiamato continuamente a

scegliere tra l’ispirazione

buona che gli nasce dentro,

dall’azione dello spirito e

la tentazione di cedere ad

altre pulsioni che lo trasci-

nano in basso. Per noi che

viviamo nel tempo, ogni

singola realtà ci ripropone

la scelta tra ‘‘carne’’ e Spiri-

to, egoismo e amore, morte

e vita. Lo Spirito Santo,

amore tra Padre e Figlio

aperto a tutti, vita propria

di Dio, può diventare il

principio nuovo che trasfi-

gura l’esistenza e l’azione

del credente.

LE OPERE DELLA CARNE

E I GIORNALI

Quando san Paolo nelle

sue lettere parla di «carne»

contrapposta a spirito, non

intende disprezzare il corpo

o contrapporre la corporei-

tà alla spiritualità. Piutto-

sto intende con ‘‘carne’’ la

fragilità dell’uomo ripiega-

to su se stesso, dipendente

solo dai propri bisogni, pre-

occupato solo di soddisfare

i propri bisogni possedendo

in modo egoistico. Le «ope-

re» della carne, sottolinea

l’apostolo, «sono ben note»:

potremmo dire oggi che

queste opere cattive si tro-

vano tutti i giorni pubbli-

cate sulle prime pagine dei

giornali; l’elenco di opere

contro lo Spirito racconta-

no scelte che intaccano la

relazione dell’uomo con il

proprio corpo (dissolutez-

ze), con Dio (stregoneria)

e con gli altri (violenza e

contese). Addirittura l’e-

lenco rimane aperto a «cose

simili», perché il male ha

una sua tragica inventiva

e conosce forme sempre ine-

dite e tragiche.

LE OPERE

E I FRUTTI

Quando annuncia il dono

dello Spirito Santo, miste-

riosa ed efficace energia di

Dio comunicata all’uomo,

san Paolo ne rispetta il

mistero, ma ne racconta e

spiega la forza che ha nella

vita del cristiano: lo si rico-

nosce dal frutto. Non è ope-

ra nostra, ma dono di Dio;

una volta accolto, cresce e

matura, come frutto da se-

me. Il frutto è unitario, ma

ha tanti gusti. A differenza

delle opere, non si dice che

è ben noto, perché non fa

notizia. L’elenco delle ma-

nifestazioni del frutto dello

Spirito inizia con l’amore,

in greco

agape

, termine

di cui le traduzioni come

«amore» e «carità» sembra-

no impoverire la ricchezza;

è la linfa che scorre nel cuo-

re di Dio e di cui ora l’uomo

è capace, per trasformare il

proprio corpo, la propria

mente, i propri desideri in

amore senza condizione, più

grande di ogni male e della

morte stessa.

LO SPIRITO

E I CAMBIAMENTI

I cambiamenti, operati

dallo Spirito Santo in noi, li

vediamo moltissime volte in

fratelli, sorelle, che non na-

scondono la debolezza del-

la propria natura, ma poi,

quando lasciano operare lo

Spirito in loro, vediamo le

grandi opere che riescono a

compiere.

Sono tanti i fatti che han-

no la loro origine nell’ispi-

razione e forza dello Spirito

Santo e, noi stessi, nella no-

stra stessa vita, li possiamo

osservare e provarne stupo-

re, lo stesso della gente di

Gerusalemme, nel giorno

della Pentecoste.

Se allunghiamo lo sguar-

do da quella Pentecoste,

inizio della Chiesa, ai 20

secoli del suo cammino, so-

no tante, ma tante, le opere

pentecostali che mostrano

come la venuta dello Spirito

è il giorno di chi, come gli

apostoli, può compiere ope-

re da suscitare lo stupore di

chi vede.

LO SPIRITO

E I CAMBIAMENTI

Se lo Spirito Santo è il

«femminile di Dio», allo-

ra Maria, madre di Gesù

e madre nostra ne è icona

privilegiata; i teologi dicono

che molto della devozione

popolare a Maria sarebbe

piuttosto da attribuire allo

Spirito Santo; per fortuna

tra i santi del paradiso

non c’è rivalità o rischio di

plagio; piuttosto, ben ven-

ga che i fedeli attraverso la

forte intercessione di Maria

attingono ai doni dello Spi-

rito Santo; San Paolo invita

i suoi cristiani a «cammi-

nare» secondo lo Spirito;

ciò che conta è mantenere

la direzione buona e non

stancarsi di camminare; i

sentieri da percorrere pos-

sono essere molteplici e vari.

anno della vita consacrata -

La comunità religiosa di Puos d’Alpago

Il mistero della croce nella vita religiosa

Le Figlie di nostra Signora al monte Calvario, fondate dalla santa Bracelli

La Congregazione «Figlie

di nostra Signora al monte

Calvario» è un ramo dell’I-

stituto «Nostra Signora del

rifugio in monte Calvario»,

fondato dalla nobildonna

Virginia Centurione Bra-

celli.

LA FONDATRICE

Virginia nacque a Geno-

va il 2 aprile 1587 da Gior-

gio Centurione e da Lelia

Spinola, entrambi appar-

tenenti a nobili e illustri

famiglie genovesi. All’età

di sei anni Virginia rimase

orfana di madre e a quin-

dici anni, secondo l’usanza

di quel tempo, fu data dal

padre in sposa a Gaspare

Bracelli Grimaldi, giovane

appartenente a nobile e ric-

chissima famiglia genovese,

ma dedito alla vita galante e

alla passione del gioco.

Virginia, se pur a malin-

cuore, accettò le nozze e lo

sposo che le venne imposto,

che amò sinceramente. Il

matrimonio durò soltanto

cinque anni, perché per la

sfrenata vita mondana il

giovane sposo si ammalò di

tisi e morì a soli ventiquat-

tro anni di età. Virginia, che

fu per lui sposa fedelissima

e appassionata, seppe agire

con tale e tanta pazienza

e amabilità da ottenerne

prima della morte la con-

versione e la riconciliazione

con Dio, con se stesso e con

gli altri.

Dopo la morte del mari-

to Virginia rifiutò energi-

camente nuove nozze e si

consacrò a Cristo: lasciò

che la misteriosa presenza

di Gesù crocifisso segnasse

le tappe della sua vita e ne

orientasse la spiritualità e

le opere; alla scuola della

croce Virginia imparò pure

il valore della sofferenza e la

completa dimenticanza di sé

per dedicarsi totalmente al

Signore e ai poveri.

Dopo aver sistemato le

due figlie nate dal matrimo-

nio, docile alla voce di Dio

che la chiamava a servirlo

nei poveri, Virginia aprì il

suo cuore a ogni umana mi-

seria e si prodigò a lenire le

sofferenze dei più bisogno-

si. In particolar modo ebbe

a cuore la sorte delle fan-

ciulle povere, abbandonate

o costrette al marciapiede e

per esse spese tutte le sue

energie e le sue ricchezze,

soccorrendole e accoglien-

dole dapprima in casa pro-

pria e poi, quando il loro

numero aumentò notevol-

mente, nell’ex convento di

«Monte Calvario» che prese

appositamente in affitto. Da

questo derivò l’istituto che

conservò il nome di Monte

Calvario.

Virginia fu anche media-

trice di pace per le famiglie

in discordia di Genova e

strenua sostenitrice dei di-

ritti e della dignità della

persona.

Virginia morì il 15 dicem-

bre 1651, fu beatificata a

Genova il 22 settembre 1985

da san Giovanni Paolo II e

dallo stesso Papa fu cano-

nizzata il 18 maggio 2003

in piazza San Pietro. A di-

stanza di tanti secoli il suo

corpo è ancora incorrotto.

Carisma e missione

L’Istituto «Figlie di no-

stra Signora al monte Cal-

vario» è un ramo derivato

dall’Istituto «Nostra Signo-

ra del rifugio in monte Cal-

vario» (dette Brignoline),

fondato a Genova da Santa

Virginia Centurione Bracel-

li (1587-1651).

Nel 1827 sei suore Bri-

gnoline vennero invitate a

Roma da papa Leone XII per

dirigere un’opera assisten-

ziale per fanciulle povere,

la «Pia casa d’industria»,

presso Santa Maria degli

angeli. Le suore riscossero

così grande stima che allo

scadere del contratto, sei

anni dopo, papa Gregorio

XVI volle che esse restasse-

ro per sempre a Roma, fon-

dandovi un istituto analogo

a quello genovese. Così, nel

1833 nacque nella Capitale

il nuovo ramo di comunità

religiosa.

La congregazione «Figlie

di nostra Signora al monte

Calvario», fedele al carisma

della fondatrice, ha come

fine la gloria di Dio, la san-

tificazione dei membri e il

servizio ai fratelli poveri

(in senso lato) e sofferenti.

In sintonia col titolo che ci

distingue, noi suore di que-

sta congregazione viviamo

il mistero della croce e ci

impegniamo a continuare

nella Chiesa l’opera reden-

tiva di Gesù, professiamo

filiale devozione alla Ver-

gine addolorata e affidiamo

a lei le nostre persone e il

nostro servizio apostolico

negli ospedali, nei sanatori

per hanseniani, nelle case

per anziani, nelle scuole,

nelle case di accoglienza,

nella pastorale della chiesa

locale, cioè dovunque c’è bi-

sogno della nostra presenza.

In seguito, da Roma la

congregazione si è sparsa

in Italia e nel mondo; at-

tualmente all’estero siamo

presenti in Brasile, Argenti-

na, El Salvador, Guatemala,

Nicaragua, Cuba, Filippine,

Cameroun, Israele, Polonia.

in diocesi

di belluno-Feltre

Nella diocesi di Belluno-

Feltre siamo state presenti

per oltre settant’anni nell’o-

spedale civile di vallata e

nella Scuola materna di

Agordo e siamo presenti

a Puos D’Alpago dal 1951,

occupandoci dell’insegna-

mento dei bambini nella

scuola dell’infanzia «Maria

Immacolata» e delle opere

parrocchiali.

Le Suore Figlie di nostra Signora al monte Calvario.

conferenza episcopale triveneta

Formazione dei sacerdoti e Seminari diocesani

Due sessioni per riflettere con il contributo dei rettori

La realtà dei seminari diocesani, il Giu-

bileo della misericordia e poi il ricordo del

cardinale Marco Cè a un anno dalla morte:

sono stati questi i principali contenuti del

periodico incontro dei Vescovi del Triveneto

riuniti la settimana scorsa a Zelarino (Ve-

nezia). I vescovi hanno ripreso l’approfondi-

mento e il dialogo, già in corso da qualche

tempo, sulla situazione dei seminari dio-

cesani e sulle connesse questioni pastorali

e vocazionali; sono stati ripresi, in parti-

colare, i punti focali emergenti dal recen-

te incontro avuto con i rappresentanti dei

rettori e dei padri spirituali. La riflessione

ha toccato vari aspetti: l’azione pastorale

in favore dei ragazzi e dei giovani chiamati

al ministero sacerdotale, la necessità di ri-

prendere una «chiara teologia del ministero

ordinato» riscoprendone il carattere speci-

fico e insostituibile nella Chiesa, il «luogo»

del seminario come strumento e ambito di

formazione, la qualità evangelica ed edu-

cativa della vita comunitaria, un maggiore

adeguamento dell’insegnamento teologico e

dei percorsi accademici alla formazione dei

futuri sacerdoti, la scelta e la preparazione

degli educatori. I vescovi dedicheranno uno

dei prossimi appuntamenti proprio all’esa-

me prolungato di tali questioni.

Si è quindi affrontato il tema dell’ormai

vicino Giubileo straordinario della miseri-

cordia, di recente indetto da papa France-

sco attraverso la bolla «Misericordiae vul-

tus»; il dialogo tra i vescovi ha cominciato

a evidenziare gli ambiti e le attenzioni da

seguire per rendere partecipe in modo ade-

guato le comunità ecclesiali del Nordest a

tale evento.

Nel pomeriggio una rappresentanza dei

vescovi del Triveneto si è quindi trasferi-

ta a Venezia, nella basilica cattedrale di

San Marco, dove alle 18.30 si è celebrata la

Santa Messa solenne di ricordo e suffragio -

presieduta dal presidente della Conferenza

episcopale triveneta e patriarca di Venezia

monsignor Francesco Moraglia - nel primo

anniversario della morte del cardinale Mar-

co Cè, patriarca emerito di Venezia e per

ben 23 anni (dal 1979 al 2002) presidente

della Cet oltreché per un decennio (negli

anni Ottanta del secolo scorso) vicepresi-

dente della Cei.

Belluno, veglia

per i nuovi martiri

«Esiste un legame forte che già ci

unisce, al di là di ogni divisione: è la

testimonianza dei cristiani apparte-

nenti a Chiese e tradizioni diverse,

vittime di persecuzioni e violenze so-

lo a causa della fede che professano.

Oggi ci sono più martiri che nella

chiesa dei primi secoli. Non si sta al-

lentando l’ecumenismo del sangue».

Sono parole di papa Francesco che

ricordano il dramma di ogni giorno

vissuto da tanti, troppi cristiani in

tante parti del mondo. La Chiesa

italiana è stata invitata dai vescovi

a dedicare la veglia di Pentecoste di

quest’anno ai Martiri di oggi. A Bel-

luno, nella chiesa di San Rocco, sa-

bato 23 maggio, a partire dalle 20.30

il Rinnovamento nello Spirito santo,

invita tutti alla Veglia che avrà per

tema l’invocazione: «Veni, Creator

Spiritus». Una preghiera corale di

lode e ringraziamento accompagna-

ta dall’intercessione e l’invocazione.