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L’Amico del Popolo
21 maggio 2015 - N. 20
A colloquio con i lettori
direttore@amicodelpopolo.itlettere
in Direzione
Chi salva un bambino
salva il mondo
«Egregio direttore,
“le difficoltà della vita non si superano sopprimen-
do la vita, ma affrontando insieme le difficoltà, con
l’accoglienza, la condivisione, la solidarietà”. Questo è
stato ed è il motto dei Centri di aiuto alla vita italiani.
Il primo Centro di aiuto alla vita è nato a Firenze
40 anni fa. Nella Firenze dove proprio nel 1975 fu
scoperta una villa in cui venivano praticati clande-
stinamente dai 12 ai 15 aborti ogni settimana. La
notizia dell’arresto dei due medici e dell’ostetrica, col-
ti in flagranza di reato, fece scalpore e impressione
nell’opinione pubblica. Un gruppo di persone rispose
all’appello di creare un nuovo organismo, apolitico e
aconfessionale, che aiutasse le donne o le famiglie in
difficoltà per una gravidanza.
I Centri di aiuto alla vita sono oggi presenti in tutta
Italia; sono oltre 350, con molte case di accoglienza
e servizi per le gravidanze a rischio. In questi qua-
rant’anni centinaia di migliaia di donne sono state ac-
colte e aiutate; oltre 150mila bambini sono nati. Resta
sempre l’amarezza per tutte le vite cancellate nel loro
sbocciare, ogni settimana, negli ospedali italiani: più
di 5 milioni e mezzo sono gli aborti legali registrati
dal 1978 alla fine del 2013.
Una domanda tutti dobbiamo farci: è possibile fare
qualcosa per gli oltre 110mila bambini che ogni anno
sono cancellati con l’aborto?
I Centri di aiuto alla vita, le case di accoglienza,
tanti altri servizi di associazioni e gruppi sono a di-
sposizione delle donne e delle famiglie in difficoltà;
perché così pochi i bambini che sono salvati? Perché
così tanti i Ponzio Pilato che si lavano le mani e non
aiutano a rimuovere gli ostacoli (come, tra l’altro, dice
la legge 194 che ha legalizzato l’aborto)?
Non riconoscendo più nell’essere concepito un essere
umano, uno di noi, ecco che anche la domanda biblica:
“Sono forse io il custode di mio fratello”? non ha più
senso. E le conseguenze le vediamo.
I bambini che nascono anche grazie ai volontari dei
Centri aiuto alla vita sono comunque un grande segno
di speranza e di fiducia. Chi salva un bambino, salva
il mondo.
Lettera firmata»
Sì, chi salva un bambino salva il mondo, ed è giusto
dare grande merito a tutti coloro che in questi anni si
sono impegnati a favore della vita e in aiuto a tante
persone in difficoltà. È vero, si potrebbe e si dovrebbe
fare molto di più, per esempio applicando per intero le
disposizioni della legge 194 circa la rimozione degli
ostacoli che inducono all’aborto. Quello del sostegno
alla vita è certamente di un impegno da portare avanti
con forza e generosità, ringraziando anche chi in questi
anni ha contribuito a tenerlo vivo e a farne comprendere
l’importanza, spesso anche tramite un coinvolgimento
e una testimonianza diretta.
Il ponte scippato
in quel di Cibiana di Cadore
«Egregio direttore,
il ponte scippato ha la parvenza del titolo di un copio-
ne di un film. Purtroppo non si tratta di un copione e
tanto meno di un film, ma di una vera, tragica realtà.
Torniamo indietro con la memoria di circa venti anni
quando, dopo l’abitato di Venas di Cadore, esiste una
strada che lascia la statale 51 di Alemagna per scende-
re sino al ponte sul torrente Boite e in seguito risalire
per raggiungere i mille e più metri di altitudine e ar-
rivare finalmente all’abitato che ora è conosciuto come
il paese dei murales, Cibiana di Cadore. Una strada
tortuosa e in certi punti alquanto stretta, tanto che
se si incrociano due mezzi pesanti uno dei due deve
fare retromarcia cercando di trovare un punto per
potersi scambiare.
I cittadini e l’Amministrazione dell’epoca si resero
conto che si doveva fare qualche cosa per migliora-
re la viabilità di quella strada e pensarono alla cosa
più sensata, costruire un ponte che collegasse le due
sponde del Boite eliminando in tal modo la parte più
difficile del percorso e rendendo più sicura quella ar-
teria stradale.
Più passava il tempo e maggiormente l’idea di co-
struire il ponte si faceva strada e finalmente, dopo
un lungo ma proficuo impegno dell’Amministrazione
comunale, si riuscì a far capire a chi di dovere l’im-
portanza di quell’opera. Un bel giorno le campane
del paese suonarono a distesa, creando all’inizio un
certo timore perché quando le campane suonano in-
sistentemente di giorno nei paesi di montagna spesso
è il segnale di un pericolo. Ma quel giorno suonarono
invece perché era stata approvata la costruzione del
tanto atteso ponte. Tutti erano in festa e in paese non
si parlava d’altro.
A breve iniziarono i primi lavori, furono eseguiti al-
cuni carotaggi, perforazioni alle quali seguì... il nulla.
Per diversi motivi il ponte non fu più costruito nono-
stante fosse stato dichiarato necessario e fosse stata
anche trovata la copertura economica.
Ora, a distanza di vent’anni e dopo le recenti e disa-
strose cadute di numerosi alberi sulla sede stradale a
causa delle forti nevicate (fortunatamente senza danni
per le persone, ma solo per le cose), l’idea del ponte è
tornata a farsi largo.
Come consigliere comunale da tempo sto cercando
documenti, informazioni e altro che possa aiutare a
capire se ci sono le condizioni per iniziare l’iter che
consenta finalmente la costruzione del ponte a suo
tempo scippato.
Questa “pazza idea”, è condivisa anche dall’Ammi-
nistrazione comunale, con il sindaco Luciana Furlanis
in prima linea. Le difficoltà sono evidenti e per questo
non tralasciamo la possibilità di coinvolgere perso-
naggi importanti nella vita politica del Paese e della
Regione Veneto per cercare di sbloccare la situazione.
Alberto Ghelli»
L’augurio è che la situazione si possa sbloccare e
Cibiana possa godere finalmente di un collegamento
migliore con il resto del Cadore.
Vorrei ringraziare
il cavalier Leonardo Del Vecchio
«Egregio direttore,
vorrei dalle pagine del nostro giornale ringraziare
Plavis Viaggi
P
iazza
P
iloni
, 7 - B
elluno
Tel. 0437 940450
E-mail:
plavis@diocesi.itISCRIZIONI ENTRO IL 20 MAGGIO
RIMINI
Soggiorno marino
per Anziani
7-20 GIUGNO
IN COLLABORAZIONE CON IL
“GRUPPO VOLONTARI CENO BARATTIN”
MEDJUGORJE
21-25 AGOSTO
il punto
il cavaliere Leonardo Del Vecchio, patron della Lu-
xottica, per quello che ha dato alla gente agordina
prima e a tutti i Bellunesi poi.
Io, prima di approdare in Luxottica, ho girato l’I-
talia come perito minerario, sempre con la valigia
in mano per 10 anni. Poi ho messo su famiglia e la
vita era diventata dura perché non ero mai a casa
(e le ferie erano un optional).
Sono entrato in Luxottica come operaio di secondo
livello e sono andato in pensione come capo reparto
dopo 31 anni. Tutto questo mi ha permesso di vivere
tranquillo con la mia famiglia e ogni sera dormire
nel mio letto (e non è cosa da poco vedere crescere
i propi figli).
Grazie signor Del Vecchio per i sui 80 anni che
compirà il 22 maggio. Le auguro di campare fino
oltre i 100 anni perché fino a che ci sarà lei noi
siamo sicuri.
E una cosa vorrei aggiungere, un consiglio alle
maestranze che lavorano in Luxottica: date sempre
il più possibile affinché questo gioiello che ci ha re-
galato il cavaliere non se ne vada dalla nostra terra.
Un operaio (Federico Schena)»
La lettera è arrivata al giornale qualche giorno
prima della notizia che per i suoi 80 anni il cavalier
Del Vecchio ha deciso di regalare 9 milioni in azioni
ai suoi dipendenti italiani a tempo indeterminato.
Un gesto che conferma quanto scritto nella lettera qui
sopra che va certamente letta con attenzione anche
nelle sue raccomandazioni finali.
Guai tagliare le radici
del nostro sviluppo
«Egregio direttore,
tra l’indifferenza generale, la realtà dei Periti In-
dustriali e dei Periti Industriali Laureati di questa
provincia, come del resto di tutta Italia, sta profon-
damente cambiando; ne è un segno evidente il fatto
che il diploma di Perito Industriale Capotecnico (di
cui tutti i Periti vanno fieri) dalla sessione degli
esami di maturità di questo 2015 non sarà più con-
segnato ai licenziati.
Questo perché la nostra scuola non è stata poten-
ziata per rispondere alle sfide future definite dai
parametri della Comunità Europea, secondo cui
d’ora in avanti per l’esercizio della libera professio-
ne sarà richiesto almeno il conseguimento di una
laurea triennale.
Spariranno pertanto queste figure tecniche, così
presenti nel nostro tessuto locale e che per il pas-
sato sono state plasmate tutte negli Istituti Tecnici
Industriali presenti in provincia (Belluno, Agordo,
Feltre, Pieve di Cadore) e in particolare in quello
di Belluno, da oltre cent’anni inserito come organo
vivo nel nostro tessuto sociale.
Per il passato, tanti soggetti pubblici e privati
hanno capito l’importanza di una scuola tecnica
in provincia, pensata e sviluppata sulle necessi-
tà contemporanee e rispondente alla particolare
struttura morfologica della nostra terra, dei suoi
insediamenti, della sua viabilità, della sua orga-
nizzazione industriale, artigianale e commerciale
e, non per ultimo, della sua struttura sociale. Que-
sta attenzione ora non c’è più. E, con la riforma, in
pratica saranno tagliate quelle radici fra scuola e
territorio che da sempre hanno prodotto importanti
risultati. E chi se ne interessa?
Evidentemente nessuno in alcun modo vuole op-
porsi alla prospettiva (ormai necessaria) che i nostri
giovani possano conseguire nel maggior numero
possibile la sospirata laurea; bisogna però tenere in
debito conto che anche le figure professionali inter-
medie sono necessarie e insostituibili, in particolare
nelle aree periferiche; fungono infatti da elemento
connettivo fra le pubbliche amministrazioni e il pri-
vato cittadino.
A fronte delle difficoltà anche economiche di per-
mettersi uno studio di carattere universitario fuori
provincia, perché non ipotizzare la possibilità del
conseguimento in loco della laurea di primo livello,
eventualmente anche con il supporto dell’università
telematica, per assicurare alla provincia e alle nuo-
ve generazioni quel patrimonio di tecnici che possa
svolgere una professione intellettuale e libera, che
tanto ha significato nella nostra storia e tanta parte
ha avuto nella nostra terra?
Il Collegio, per quanto gli sarà possibile, intende
fungere da cassa di risonanza alle poche levate di
scudo che si stanno, timidamente, manifestando;
questo per ovviare agli errori, alle disattenzioni e
al disinteresse che rischiano di farci pagare domani
un prezzo troppo alto.
Antonio Ortolan - presidente
Collegio dei Periti Industriali e dei Periti
Industriali Laureati della Provincia di Belluno»
La questione posta dai Periti Industriali
è
im-
portante e, giustamente, merita grande attenzione
e anche tutto l’impegno necessario per trovare una
soluzione in modo da evitare che i giovani bellunesi
finiscano quasi per essere scoraggiati dall’orientarsi
verso questo sbocco professionale.